Giusto o sbagliato? E come farlo?
Lo stretching è sempre stato visto come soluzione a praticamente tutto, è inserito in qualsiasi situazione sportiva, che sia un pre-gara, un riscaldamento o un defaticamento.
È utilizzato anche come cura di problematiche muscolo-schelettriche, per migliorare i DOMS (dolore muscolare) e come prevenzione alle lesioni muscolari.
Ma è davvero così necessario? E va eseguito sempre allo stesso modo?
La risposta si trova contestualizzando l’utilizzo dello stretching, perché fatto fine a se stesso non ha concretamente senso. Bisogna ragionare in base all’obiettivo che vogliamo raggiungere, al tipo di gesto atletico che dobbiamo fare e alla nostra condizione muscolare e fisica.
Bisogna evitare di fare stretching senza finalizzarlo all’attività che vogliamo fare perché oltre ad essere inutile potrebbe addirittura essere controproducente.
Introduciamo quindi i concetti di stretching statico e stretching dinamico.
- Con “statico” si intende il mantenimento di una posizione che ricerca l’allungamento muscolare massima; deve essere mantenuta per almeno 30 secondi altrimenti è stato dimostrato non avere una vera efficacia.
- Con “dinamico” invece si intende una serie di slanci del distretto muscolare interessato, allungamenti non controllati e ritmici di quel muscolo, che lo stimolano e lo preparano, assieme alle sue inserzioni tendinee, all’allungamento dettato dalle contrazioni in attività.
Nel 2015 è stato fatto uno studio sullo stretching statico (se praticato costantemente) e si è visto che aumenta il range of motion articolare (ovvero i gradi di movimento).
È fondamentale negli sport che hanno necessità di grande ampiezza di movimento. In certe attività sportive la capacità di fare attivare in modo molto elastico, ampio, lungo la muscolatura è necessario e lo stretching statico avrà una grande importanza, perché preserva il muscolo dal rischio di lesioni.
Nelle altre attività serve per evitare le retrazioni muscolari. Per esempio nella corsa, è importante per poter fare una falcata lunga e senza restrizioni delle gambe.
Bisogna però pensare alla funzione che vogliamo migliorare anche per scegliere il timing; infatti se utilizzato nel momento sbagliato e senza pensare al fine, lo stretching potrebbe addirittura essere dannoso.
Si è visto che l’allungamento statico eseguito poco prima di una prestazione motoria riduce la performance del 3,7%, questo perché lo stretching statico (quindi il mantenimento della posizione per almeno 30 secondi) fa sì allungare le fibre muscolari , ma con uno stimolo di riposo al muscolo, in pratica lo mettiamo a riposo.
Ciò che quindi è meglio fare nei momenti precedenti all’attività è lo stretching dinamico: dei ritmici e attivi slanci.
Questi stimolano l’attivazione e l’allungamento se eseguiti per una decina di ripetizioni. In pratica si può così dare stimolo ai recettori muscolo-tendinei che, una volta iniziata la pratica sportiva tuteleranno la muscolatura; ma si è soprattutto dimostrato che lo stretching dinamico aumenta la performance perché “sveglia” il corpo, è una sorta di attivatore dei muscoli.
A questo punto non vi resta che concentrarvi sui distretti muscolari che più vi interessano per l’attività della corsa.
Non dimenticate mai gli hamstrings (muscoli posteriori della coscia), che se ben preparati, saranno tutelati e performanti durante i vostri allenamenti e gare.
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